La cucina dell’antica Roma aveva molte caratteristiche che la rendono similare alla nostra. A colazione (ientaculum) i Romani mangiavano pane e vino o uova, frutta e formaggio; a pranzo (prandium) e a cena (coena) preferivano i cibi caldi.
I pasti venivano consumati nei triclini, camere con tre divani su cui si sdraiavano i commensali. Al centro della stanza si trovava la tavola imbandita. È curioso notare come, a causa di questa precisa disposizione, il numero degli ospiti era basato sui multipli di nove.
Gli schiavi ammessi erano quelli di fiducia, ma sedevano per terra ai piedi dei divani. Le donne parteciparono solo a partire dall’età imperiale, durante la quale si sviluppò una frenetica ricerca dello sfarzo, tanto che i pasti romani diventarono famosi in tutto il mondo dell’epoca per via dell’incredibile abbondanza anche di alimenti esotici provenienti dagli angoli più remoti dell’Impero: dai pavoni ai fenicotteri, dai pappagalli alle gru.
La carne bovina non piaceva, il pesce era invece un alimento prelibato da accompagnare a carote, zucchine, cavoli, rape, zucche, porri ecc. Per insaporire le pietanze e aumentarne la sapidità, veniva usato il garum, un condimento ricavato dalla macerazione dei resti del pesce.