La tradizione culinaria dell’antica Grecia si evolve poco a poco da un tipo di alimentazione essenzialmente povero a una dieta molto più ricca e gustosa, figlia dei cambiamenti di cui fu oggetto la civiltà ellenica nell’arco di oltre due millenni, dalle coste dell’isola di Creta sino al periodo classico. L’importanza della cucina era tale da avere una propria divinità, la dea Adefagea.
Nella loro forma più matura, le abitudini alimentari dell’aristocrazia prevedevano il consumo di carne cotta alla brace, accompagnata o sostituita da legumi e ortaggi in forma di puree; il grasso animale serviva per condire i piatti. Il ceto più povero, rappresentato dai contadini, consumava pesce e verdure.
I Greci erano esperti nella pratica della pastorizia e della produzione del formaggio di capra. Tra le bevande consumate, occupava un ruolo di spicco l’idromele, ricavato dal miele fatto fermentare e mescolato con l’acqua. Anche i vini facevano parte della tradizione locale, tant’è vero che la coltivazione della vite veniva praticata a Creta sin dal 2000 a.C. Il vino era annacquato e spesso vi veniva inzuppato il pane di mattina a colazione.
Ai Greci del periodo classico si deve probabilmente la nascita della prima vera forma di arte gastronomica: le cause sono da ricercare nella grande varietà degli ingredienti a disposizione, nella diversificazione dei pasti, nella raffinatezza di una cultura sempre più sofisticata e ricercata e, non ultimo, nella preparazione dei cuochi, i quali dovevano frequentare una scuola per due anni prima di diventare professionisti. I più famosi avevano l’onore di essere ingaggiati dalle famiglie più facoltose e benestanti, che richiedevano per lo più ricette a base di pesce o cacciagione. Nel tardo ellenismo si farà più intensa la richiesta di pietanze dal sapore esotico.